La vita è un insieme di esperienze: alti, bassi, gioie, dolori, piaceri e dolori della vita. Un’esperienza che può essere particolarmente impegnativa è quella della sofferenza. La grande tradizione di saggezza del Vedanta ci ricorda che, in assenza di illuminazione, la vita contiene sofferenza.
A differenza del dolore – un’esperienza fisica, mentale o emotiva spiacevole – la sofferenza è lo stato di essere coinvolti nella situazione dolorosa e di identificarsi con essa come un aspetto del proprio essere. In altre parole, il dolore è ciò che vi accade; la sofferenza è la vostra interpretazione e reazione a quel dolore. Pertanto, il dolore è inevitabile, ma la sofferenza è facoltativa. Ma quali sono le radici della sofferenza e da dove provengono? Secondo il Vedanta, ci sono cinque cause specifiche di sofferenza: i cinque Kleshas.
In sanscrito, la parola Klesha significa veleno e si riferisce a uno stato mentale negativo che oscura la mente e permette l’insorgere delle condizioni di sofferenza. Trascendendoli, ci si può liberare dalla sofferenza. Di seguito vengono analizzati i singoli Klesha.
Non conoscere la vera natura della realtà
Questo è lo stato di ignoranza o Avidya che si verifica quando dimentichiamo la nostra vera natura di esseri spirituali. La nostra vera identità è quella di una consapevolezza pura e illimitata. Siamo immortali ed eterni e racchiudiamo punti focali di coscienza senza tempo che non sono mai nati e non moriranno mai. Siamo il potenziale infinito di tutto ciò che è, di tutto ciò che è stato e di tutto ciò che sarà.
Purtroppo, la turbolenta attività della vita materiale ha oscurato questa comprensione dalla nostra consapevolezza. E quando non afferriamo questa verità essenziale su chi siamo, poniamo le basi per l’insorgere degli altri quattro Kleshas.
Identificazione con un falso senso di sé
Una volta dimenticato il proprio vero sé, si sostituisce al suo posto una falsa identità. Questo sé ristretto è l’ego, la costruzione momento per momento dell’immagine di sé che si definisce in base alle posizioni e ai beni della vita. Conosciuto in sanscrito come Asmita, è il velo o la copertura che nasconde la nostra vera natura e ci fa rimanere intrappolati in un egoismo sfrenato.
Molte sofferenze sono causate dal bisogno di approvazione dell’ego e dall’offesa che ne deriva ogni volta che i suoi bisogni non vengono soddisfatti.
Attaccamento agli oggetti del desiderio
Il raaga, o attaccamento, è l’atto di aggrapparsi a qualcosa che è illusorio o impermanente. Quando si è profondamente attaccati a qualcosa, è segno che si ha paura che ci venga tolta. Questo crea in noi un profondo senso di insicurezza, perché sappiamo che qualsiasi cosa abbiamo potrebbe andare perduta e quindi ci aggrappiamo ancora di più.
L’attaccamento provoca sofferenza instillando in noi una corrente di fondo di paura, tensione, ansia e timore della perdita, che è l’inevitabile sottoprodotto della vita a livello materiale.
L’avversione o l’evitamento delle cose che non si desiderano
Mentre l’attaccamento è l’atto di aggrapparsi a cose, persone o situazioni che si desiderano, la Dvesha, o repulsione, è l’evitamento di ciò che non si vuole. Tutto ciò che rappresenta una minaccia per il nostro ego ci farà indietreggiare. Faremo di tutto per allontanarci da quelle cose e allontanarle il più possibile dalla nostra mente.
L’avversione porta alla sofferenza, trascinandoci nella negatività, nella paura, nei “e se” e nel pensiero del peggiore scenario, mentre ci preoccupiamo di cosa faremo se non riusciamo a evitare ciò che temiamo di più.
La paura della morte
Abhinivesha, o volontà di vivere, è l’attaccamento definitivo, l’attaccamento alla vita stessa. La paura della morte è un’esperienza condivisa da quasi tutti gli esseri umani, anche da quelli che vivono nella miseria. È essenzialmente un aggrapparsi a tutto ciò che si ha e a tutto ciò che si è conosciuto. La morte è la grande incognita e si avvicina ogni giorno di più a ciascuno di noi.
La paura della morte causa sofferenza dando origine a tutte le altre paure, ansie, dubbi e preoccupazioni.
Ricordiamo la nostra vera identità
Tutta la sofferenza umana può essere attribuita a uno dei cinque Kleshas. Come si può sfuggire a questo ciclo di sofferenza? Patanjali condivide una comprensione vitale nel Capitolo 2, Sutra 4 de Gli Yoga Sutra quando scrive:
“L’ignoranza della nostra vera natura è la fonte delle altre quattro, siano esse latenti, deboli, sospese o pienamente attive”.
Ciò significa che tutte le cause di sofferenza sono contenute nella prima causa, ossia la mancata conoscenza della vera natura della realtà. Quando ricordiamo la nostra vera identità di puro spirito:
- Il nostro ego non domina più la nostra consapevolezza, dando e ricevendo offese o cercando l’approvazione degli altri.
- Lasciamo andare i nostri attaccamenti, comprendendo che in un universo materiale impermanente tutto ha un inizio, una parte centrale e una fine.
- Non evitiamo più le cose che temiamo, sapendo che sono impermanenti e illusorie e non possono danneggiare il nostro vero sé.
- La paura della morte è liberata dalla consapevolezza che la morte è solo un passaggio.
Trascendere la sofferenza attraverso la meditazione
Per trascendere il primo Klesha e, di conseguenza, gli altri quattro, Patanjali dà le seguenti indicazioni nei Sutra 10-11: “Le cause sottili della sofferenza vengono distrutte quando la mente si fonde di nuovo nell’immanifesto. Gli effetti grossolani della sofferenza vengono eliminati attraverso la meditazione”.
La meditazione è la chiave che sblocca la prigione della sofferenza riportandoci allo stato di conoscenza di chi siamo. Ci ricollega al campo della pura coscienza e, così facendo, si solleva il velo dell’egoismo, si elimina il bisogno di attaccamento e avversione e si dissipa la paura della propria mortalità. La meditazione può anche creare lo spazio, o la consapevolezza della testimonianza, che ci permette di notare i Kleshas quando si presentano alla nostra coscienza. Vedendo i Kleshas per le illusioni che sono, ci si può liberare dal loro controllo.
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*Nota del redattore: le informazioni contenute in questo articolo sono destinate esclusivamente all’uso didattico e non sostituiscono la consulenza, la diagnosi o il trattamento di un medico professionista. Rivolgetevi sempre al vostro medico o ad altri operatori sanitari qualificati per qualsiasi domanda relativa a una condizione medica e prima di intraprendere qualsiasi dieta, integratore, programma di fitness o altri programmi di salute.