Terapia cognitivo comportamentale, rilassamento muscolare progressivo e desensibilizzazione sistematica per rilassarsi e affrontare le fobie. Come funziona tutto questo?
Rilassamento muscolare progressivo
Parlando di psicoterapia cognitivo-comportamentale è necessario sottolineare l’importanza che riveste in quest’ottica la capacità di rilassarsi, appresa attraverso il rilassamento muscolare progressivo (RMP) di Jacobson. Esso ha come presupposto che tensione e rilassamento sono incompatibili. L’ansia, infatti, è legata a sensazioni corporee spiacevoli come muscoli contratti, respiro affannoso, battito cardiaco accelerato, sudorazione eccessiva, crampi allo stomaco etc.
Quando ci si trova in uno stato di benessere, i muscoli del corpo sono rilassati, il respiro è regolare e non si prova alcuna sensazione fastidiosa. È noto a tutti che le emozioni influiscono sul nostro corpo e viceversa. Se siamo arrabbiati o ansiosi siamo tesi, quando stiamo bene siamo rilassati. Su questo condizionamento reciproco si basa il rilassamento muscolare progressivo di Jacobson. E’ possibile imparare a rilassarsi in ogni circostanza, diminuendo così (o addirittura eliminando) le emozioni spiacevoli, come ansia e paura, collegate a determinati eventi.
RMP e le altre tecniche di rilassamento
Varie tecniche di rilassamento si sono diffuse negli ultimi anni come antidoto allo stress. Massaggi, yoga, meditazione, training autogeno e tante altre. Tutte tecniche valide ma la cui efficacia dipende da molte variabili. Il maestro o l’istruttore, le abilità immaginative, le caratteristiche muscolari o propriocettive, il tempo che viene dedicato alla pratica, etc. L’RMP si differenzia da queste perché può essere appreso da chiunque (dall’atleta al vecchietto) in sole 6 sedute. Il soggetto viene addestrato a distinguere la differenza fra uno stato di contrazione muscolare e uno di rilassamento e ciò non richiede alcuna abilità particolare.
Come nasce il rilassamento muscolare progressivo
Edmund Jacobson (1888-1983) fu allievo di William James ad Harvard, da sempre interessato all’eccitazione nervosa, cominciò i suoi studi a partire dalle ricerche effettuate da Fouillée sullo “startle reaction“, il sussulto che si ha di fronte a uno stimolo inaspettato se si è in uno stato di tensione e che è invece assente in una situazione di rilassamento. Successivamente Jacobson e i suoi collaboratori si dedicarono all'”osservazione interna” rendendosi conto che l’attività cerebrale è sempre connessa a quella muscolare.
Egli giunse alla conclusione che alla base dell’ansia vi fosse una elevata tensione muscolare. Riducendo ed eliminando tale tensione sarebbe cessato lo stato ansioso. Mise alla prova tale principio testando il RMP su soggetti affetti da diverse patologie (iperacidità gastrica, ipertensione arteriosa, ipereccitabilità nervosa e irritabilità esofagea) ottenendo risultati straordinariamente positivi. Egli fu tra l’altro il precursore del biofeedback (tecnica mediante la quale si possono monitorare alcune funzioni corporee, quali ad esempio il battito cardiaco, ed imparare a controllarle volontariamente).
Negli anni successivi la tecnica di Jacobson è stata rivista perché troppo lunga e complessa da insegnare ai clienti ed è stata portata a sole 6 sedute da Wolpe (1958), che la utilizzava per la sua nota desensibilizzazione sistematica. Attualmente la versione più frequentemente utilizzata in ambito psicoterapeutico è quella di Bernstein e Borkovec (1973).
Come funziona il rilassamento muscolare progressivo
Il RMP è estremamente facile da imparare e proprio per questo altrettanto efficace. Il cliente deve assumere una posizione comoda, solitamente sdraiato supino, con gambe e piedi leggermente divaricati e braccia che formano un angolo di circa 30 gradi con il tronco. La superficie più adatta dove adagiarsi è un materassino. Un lettino o un divano costituirebbero un ambiente troppo comodo che faciliterebbe l’addormentamento, da evitare assolutamente durante l’apprendimento della tecnica. Gli indumenti devono essere larghi per non creare attriti (ad esempio una tuta).
Una volta assunta questa posizione il cliente viene invitato a contrarre e rilassare distinti gruppi muscolari, mentre il terapeuta fa da modello. Si comincia solitamente dalla mano e dal braccio destro. La consegna è quella di stringere la mano a pugno finché non si avverte tensione, a quel punto bisogna distendere gradualmente le dita fino a che non si sente la sensazione di rilassamento nella mano stessa e nell’avambraccio. Questa procedura verrà applicata poi al bicipite e al tricipite destro e quindi a tutto il braccio sinistro.
Seguendo le istruzioni specifiche a seconda della regione muscolare si estenderà poi la tecnica al viso e al collo, al torace e all’addome e alle gambe e ai piedi. Chiaramente non bastano 6 sedute per diventare padroni della tecnica. Ma con l’allenamento il soggetto sarà in grado di indurre direttamente il rilassamento muscolare senza ricorrere alle fasi di contrazione e decontrazione (che è fondamentale agli inizi perché consente di discernere le due diverse sensazioni). Potrà quindi utilizzare questa preziosa risorsa in qualsiasi posizione o circostanza. Alla guida dell’auto, in aereo o su un mezzo pubblico, durante una riunione di lavoro, in fila alla posta, etc.
Vantaggi
I vantaggi del RMP sono molteplici. Il primo e forse più banale è quello di provare una sensazione nuova e oggettivamente piacevole ma sono altri i benefici più importanti. Praticare il RMP durante la giornata consente di rilassarsi in situazioni di potenziale stress riducendo quindi la tensione muscolare e i conseguenti dolori. Inoltre influisce positivamente sulla tensione arteriosa abbassandola e riducendo il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Mediante il RMP si può anche migliorare la qualità del sonno, facilitando l’addormentamento anche in situazioni di stress psichico o fisico. Insomma, praticare questa tecnica contribuisce a migliorare lo stato generale di salute.
La psicoterapia cognitivo comportamentale è stata la prima ad apprezzare l’enorme potenziale di questa tecnica e la sfrutta per combattere con successo ansie e fobie. Il principio è molto semplice: l’ansia produce tensione muscolare, riducendo questa tensione si riduce l’ansia che l’ha generata.
Rilassamento e desensibilizzazione sistematica contro le fobie
Il RMP trova però la sua applicazione più brillante nel trattamento delle fobie mediante la desensibilizzazione sistematica (DS), tecnica codificata da Joseph Wolpe nel 1958 ma tuttora straordinariamente efficace, anzi insuperabile, in questo specifico ambito. La DS si basa sui principi dell’inibizione reciproca e del controcondizionamento e per entrambi il rilassamento è fondamentale.
Nella prima, quando il soggetto si rilassa si creano condizioni fisiologiche opposte a quelle dell’ansia mentre grazie al secondo uno stimolo a valenza positiva può modificarne uno negativo trasformandolo in neutro o, addirittura in positivo. Questa tecnica si rifà chiaramente al condizionamento classico e affinché abbia successo lo stimolo condizionato ansiogeno e quello incondizionato (il rilassamento) devono essere ripetutamente associati affinché si determini la giusta connessione. In poche parole il soggetto sperimenta la condizione che procura ansia in una condizione di rilassamento, antagonista della stessa, finché egli non riesce a controllare ed eliminare progressivamente la risposta di paura ed evitamento.
Fase preliminare e indispensabile della Desensibilizzazione Sistematica è quella della creazione di una gerarchia delle situazioni ansiogene che possono essere raggruppate su base tematica. Se ad esempio siamo in presenza di una fobia sociale: paura di essere criticato, di apparire insicuro, etc. Oppure su base spazio-temporale. Ad esempio, per una vittima di incidente stradale: udire macchine in lontananza, vedere macchine, avvicinarsi al luogo dell’incidente, etc. Esse verranno poi immaginate in uno stato di rilassamento, partendo chiaramente da quella meno ansiogena. Nei soggetti che non abbiano sufficienti capacità immaginative (ad esempio con ritardo mentale) la DS verrà applicata in vivo, ossia facendo sperimentare realmente le situazioni temute.
Conclusione
Prima di chiudere questa parentesi dedicata alla desensibilizzazione sistematica (la cui esposizione è stata estremamente semplificata per rendere la tecnica facilmente comprensibile dal lettore) vorrei sottolineare un concetto fondamentale. Non bisogna pensare che un intervento di tipo cognitivo-comportamentale sulla fobia si esaurisca con la DS. E’ infatti cruciale destrutturare i pensieri disfunzionali che la sostengono. Essa consente però al cliente di tornare ad una vita normale, non più bloccata dalle paure, in breve tempo e scegliere se terminare così la terapia o proseguire un cammino più lungo e impegnativo che trasformi definitivamente il modo di pensare.
A cura del Dott. Aldo Gabardo
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*Nota del redattore: le informazioni contenute in questo articolo sono destinate esclusivamente all’uso didattico e non sostituiscono la consulenza, la diagnosi o il trattamento di un medico professionista. Rivolgetevi sempre al vostro medico o ad altri operatori sanitari qualificati per qualsiasi domanda relativa a una condizione medica e prima di intraprendere qualsiasi dieta, integratore, programma di fitness o altri programmi di salute.