Filosofia dei colori: Per capire il fenomeno «colore», alcuni di noi prenderebbero in mano un trattato di ottica. E non avrebbero torto. Vi troverebbero leggi fisiche, prove sperimentali, formule, numeri, curve, lunghezze d’onda. Non potrebbe mancare neppure il riferimento al celebre esperimento della rifrazione della luce, effettuato con il prisma da Isaac Newton (1642-1727).
Egli descrive il colore come «prodotto» della luce, e la luce come «causa» del colore, più o meno in questi termini: Se un fascio di luce solare attraversa un prisma di vetro o di cristallo, la luce viene separata (rifratta) in vari colori.
Pensate alla copertina dell’album «The dark side of the moon» dei Pink Floyd, e vi farete un’idea.
Filosofia dei colori
Per tentare di approcciare l’enigma «colore», altri sceglierebbero, piuttosto di visitare un museo, per esempio la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Anche questi non avrebbero torto e, gironzolando tra opere d’arte, quadri, dipinti, icone, nature morte, ritratti, segni variopinti, pennellate di bellezza più o meno composta ascrivibili a Guttuso, De Chirico, Balla, Sironi, Boccioni, Carrà, farebbero esperienza del colore in prima persona, osservandone le innumerevoli sfumature, le suggestive tonalità, le impressioni mutevoli, cangianti, persino stagionali e geometriche, fino forse a chiedersi se i colori esistano in natura o siano «invenzioni» dell’artista (il rosso Tiziano, per esempio).
Chi avrebbe ragione, lo studioso di ottica o l’amante dell’arte? E voi, in chi vi riconoscete?
J.W. Goethe (1749-1832), uno dei più geniali esponenti della letteratura tedesca, autore del celebre poema drammatico «Faust», ha scritto un libro curioso, dal titolo «Teoria dei colori», che è stato definito «un’opera sbagliata e straordinaria». Sbagliata, certo, perché ingenua dal punto di vista scientifico, ma anche straordinaria. Vediamo perché.
Secondo lui, i colori sono «azioni della luce, azioni e passioni». La sua sensibilità acuta e raffinata lo ha portato a osservare instancabilmente, a percepire, fruire, provare, vedere, guardare quasi ossessivamente il fenomeno «colore», lasciandosi di volta in volta sbigottire, affascinare, ammaestrare. Pervaso da fantasia e creatività, ha pensato agli occhi come testimoni di quanto accade nell’anima, ha riflettuto sull’esperienza del «sentire» i colori «dal di dentro» e ha persino «giocato» con il cromatismo, affiancando l’idea dell’estensione spaziale del colore alla sua durata temporale: ci parla, infatti, di colori fugaci, transitori, stabili. Su questa base, Goethe distingue i colori in «fisiologici», «fisici» e «chimici».
I colori fisiologici
I colori «fisiologici» sono quelli che l’occhio stesso forma, e sono fugaci: sono i colori «dentro gli occhi», perché appartengono alla vista e non alla cosa. Non sono visti, ma colti dall’occhio come colori «dentro» l’occhio. Per questo, non possiamo trattenerli. Abbagliamenti, fantasmi cromatici, immagini e figure che appaiono, quasi lampeggiando, talvolta scintillando, quando esercitiamo una pressione o uno sfregamento sugli occhi; immagini luminose che provengono dall’interno, e che non hanno commercio alcuno con l’esterno.
I colori chimici
All’opposto, i colori «chimici» appartengono alla cosa materiale e non all’occhio. Hanno durata massima: stabili, permanenti, sono consolidati sull’oggetto, e vincolati ad esso, alla «durezza» della sua materia.
I colori fisici
Intermedi tra i due opposti sono i colori «fisici», che presentano carattere soggettivo e oggettivo, interno ed esterno. Sono i colori che nascono da «cose» incolori, come l’acqua e l’aria, da materiali trasparenti, traslucidi. Possiamo pensare ai colori dell’arcobaleno e alle bolle di sapone. Ma anche al tramonto e all’aurora, colori ottenuti quasi per «sfregamento» di due elementi.
Acqua e aria, soprattutto, ma anche fuoco e aria, se pensiamo all’azzurrino che vediamo «dentro» la luce di una candela. Questi colori sono transitori. Non appartengono alla «cosa», ma hanno bisogno della cosa per sussistere. Inaugurano il momento in cui il colore, che prima non c’è, si presenta, nasce: viene alla luce, si offre alla nostra vista. Ma solo temporaneamente, come l’arcobaleno.
Con questa descrizione, «sbagliata e straordinaria», Goethe fa filosofia. Cerca il colore dove non c’è affatto, dove non c’è ancora, dove ci sarà, per coglierlo nel suo momento incipiente.
della prof.ssa Patrizia Manganaro
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