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Chi Sei? Scoprire l’Essenza Attraverso il Movimento Consapevole e il Lavoro Interiore

Chi sei senza nome, senza ruolo, senza storia? È una domanda che nessuno ci fa, se non nei momenti più importanti della vita: quando qualcosa si rompe, quando tutto cambia, quando ci accorgiamo che ciò che ci definiva non ci rappresenta più.

Eppure, questa domanda non è un abisso.
È un varco.

Un invito a incontrarti in una dimensione che esiste in te da sempre, ma che raramente hai il coraggio — o lo spazio — di ascolto.

Le identità che costruiamo per sopravvivere

Fin da bambini impariamo a presentarci attraverso ciò che facciamo o ciò che gli altri si aspettano da noi.

“Io sono quello responsabile.”
“Io sono quella sensibile.”
“Io sono il forte della famiglia.”
“Io sono la razionale, quella che tiene tutto insieme.”

Ma questi ruoli, così utili all’inizio, diventano muri. Muri che ci separano non solo dagli altri, ma da noi stessi.

Non chiediamo quasi mai: ‘E se non fossi niente di tutto questo?’ Eppure è lì, proprio lì, che inizia la libertà.

Quando togli tutto, cosa rimane davvero?

“Il dolore è inevitabile, la sofferenza è facoltativa.”Ma cosa significa davvero vivere questa verità nel corpo, non solo nella mente?

“Se ti dicessi di presentarti senza dire il tuo nome…
senza il nome della tua famiglia, senza la tua professione, il tuo ruolo, le tue abitudini…
senza titoli, senza storie già raccontate.
Chi rimarrebbe?”

Forse un vuoto. Un disagio.
Una sensazione di cadere. Ma è proprio quel vuoto che fa paura ad aprire la porta a qualcosa di più vero.

Il modo in cui senti, il modo in cui ti muovi quando nessuno ti guarda.
Il modo in cui il corpo reagisce prima che la mente capisca.

Questa è la materia viva della tua identità essenziale.

Una storia: Marta, 41 anni — “Io sono la mia professione”

Marta è una manager.
Organizzata, brillante, impeccabile.

Quando le chiedo: “Chi sei senza la tua professione?” mi guarda come se le avessi tolto l’aria.

“Non lo so. Non ricordo chi ero prima di diventare ‘la manager’. Non so nemmeno se mi piace quello che faccio… so solo che sono brava.”

Durante una pratica di movimento, le chiedo di lasciare che il corpo si muova senza il bisogno di controllarlo. All’inizio resta rigida.
Poi, lentamente, qualcosa cede. Le spalle scendono. Il respiro cambia.

A un certo punto sussurra: “Mi ero persa. E il corpo lo sapeva prima di me.”

Non ha lasciato il suo lavoro. Ma ha lasciato l’identificazione totale con esso.
E questo l’ha liberata più di qualsiasi cambiamento esterno.

Il lavoro interiore: una discesa gentile ma radicale

Il lavoro interiore non è pensare più forte. Non è analizzare fino allo sfinimento. Non è capire con la testa.

È accorgersi di:

  • ciò che ti abita
  • ciò che ti muove
  • tutto ciò che credevi di essere
  • e ciò che sei sotto tutto questo

È un ritorno lento, umile, profondo. È smettere di aggiungere. E cominciare a togliere.

Il corpo: il luogo segreto della verità

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La mente è piena di rumore. Il corpo no.
Il corpo non mente mai. Quando entri in una pratica di movimento consapevole — che sia danza libera, movimento somatico, lavoro sul respiro o esplorazione intuitiva — accade qualcosa di sorprendente: inizi a sentire prima di pensare.

  • Le tensioni raccontano dove trattieni.
  • Gli impulsi raccontano cosa desideri.
  • Le rigidità raccontano dove proteggi.
  • Le espansioni raccontano dove finalmente ti permetti di essere.

Il movimento diventa un dialogo intimo con ciò che vive in te.
Una porta che si apre su una parte che conosce la verità senza bisogno di parole.

Un’altra storia: Luca, 34 anni — “Io non provo niente”

Luca arriva dicendo sempre la stessa frase: “Io non sento niente. Sono fatto così.”

Durante una sessione gli propongo un movimento semplice:
spingere dolcemente i piedi al suolo e lasciare che il respiro trovi da solo il suo ritmo.

All’inizio nulla.
Poi il tremore, poi la rabbia.
Poi, improvvisamente, le lacrime. Non lacrime di dolore: lacrime di contatto.

Alla fine dice piano: “Non è vero che non sento. È che non mi davo il permesso di sentire me.” E questo cambia tutto.

Chi sei quando smetti di recitare?

La domanda ritorna. Sempre.
E ogni volta scende un po’ più in profondità.

Chi sei quando nessuno ti guarda?
Chi sei quando non devi essere utile, forte, brillante?
Chi sei nel corpo, mentre respiri, mentre ti muovi, mentre ti ascolti?

La risposta non è un concetto.
Non è un titolo.
Non è una definizione.

È presenza.

Tornare all’essenza

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Scoprire chi sei sotto ruoli e identità è un atto rivoluzionario. È un percorso che richiede coraggio, sincerità e un ascolto profondo. Ma è anche un ritorno a casa.
Al luogo in cui non devi essere niente per valere.
Al luogo in cui esisti senza sforzo.
Dove la vita si muove da sola attraverso di te. E il movimento consapevole diventa lavoro interiore, uno dei modi più sinceri, immediati e autentici per arrivarci.

Perché prima di essere qualcuno, sei presenza.
Sei respiro e movimento.
Sei essenza.

E questa parte non ha bisogno di essere definita. Ma è QUI per essere vissuta.

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