I cinque ostacoli alla crescita spirituale
Il primo ostacolo è il desiderio sensuale, l’impulso a gratificare i sensi. Il secondo è la malevolenza, una qualità negativa del pensiero legata alla rabbia e all’odio. Comprende pensieri di risentimento e di vendetta. Il terzo è costituito da indolenza e torpore, ben noto a tutti noi. L’ultimo è il dubbio.
Il primo ostacolo: desiderio sensuale
Cominciando dal primo ostacolo possiamo chiederci: “in che modo il desiderio di gratificare i sensi ostacola la crescita spirituale?” Forse non si tratta d’altro che dell’immutabile tradizione della religiosità orientale: raggiungere il distacco dalla sensualità. Un migliore approccio alla comprensione di questo ostacolo può essere quello di considerarlo da un punto di vista insolito.
Vediamo come può diventare un ostacolo l’associare alla crescita spirituale mette elevate e stati rarefatti ed etichettare la gratificazione dei sensi come volgare e inappropriata alla crescita spirituale. Questo atteggiamento mentale può diventare un ostacolo perché ci mette in conflitto con le nostre tendenze e i nostri attaccamenti naturali. Contrapporsi ai desideri genera un attaccamento negativo ai sensi e ci tiene legati al modo sensoriale, il “villaggio vuoto”.
In tutti i suoi discorsi il Buddha esorta i monaci a mantenersi incontaminati dalle distrazioni dei sensi. Egli inculcava nei monaci il disgusto della sensualità per indurli a dedicare tutta la loro attenzione alla pratica e alla vita religiosa. Nelle intenzioni del Buddha questo era un abile espediente per suscitare un atteggiamento mentale di raccoglimento. Ma diventava un ostacolo se lo si seguiva ciecamente, se lo si prendeva la lettera come se volesse significare che il sesso e la sensualità fossero in sé e per sé male. Questa idea produce pensieri ossessivi, tutti incentrati sugli oggetti dei sensi e sul rifiuto di essi e porta a una perdita di chiarezza mentale.
I sensi
Parlando di sensualità, ci riferiamo ai cinque sensi fisici. Quando i dati dell’esperienza che ci arrivano tramite gli occhi, le orecchie, il naso, la bocca e il tatto si mescolano al desiderio, si trasformano da fenomeni transitori in ostacoli. Tuttavia, la pratica vipassana insegna a non isolarsi dai sensi, ma piuttosto ad aprirsi a ognuno di essi con piena attenzione. In questo modo lavoriamo sui nostri ostacoli e li superiamo calandosi nel loro mondo, invece di isolarci e lasciarli diventare una minaccia nascosta. Sarebbe più facile ritirarsi in una foresta o in una grotta e non vedere altro che rocce e uccelli.
Vivere nel mondo è più duro, ma più stimolante e più valido per la pratica dell’Insight. Naturalmente è questione di scelta personale. Rifiutare proprio quei sensi dei quali dipendiamo per sperimentare la vita ci mette in una posizione insostenibile. Vivere nell’accettazione dei sensi, invece, porta all’Insight riguardo alla nostra condizione di passività rispetto al bisogno di gratificazione. Possiamo servirci dei sensi per una percezione più profonda di noi stessi e degli altri, rafforzando al tempo stesso la nostra saggezza e la nostra attenzione.
In questo modo, prendiamo il desiderio dei sensi come una sfida e ci diamo la possibilità di trasformare un ostacolo in utile strumento.
Dobbiamo imparare a godere delle nostre facoltà senza diventare vittime.
Ecco perché nella pratica vipassana osserviamo con chiarezza come nasce il desiderio sensuale e quanto è forte la sua presa sulla nostra coscienza. In questo modo possiamo notare se i nostri attaccamenti si stanno indebolendo o se ci stiamo liberando. Ecco come fare dei nostri potenziali ostacoli degli utili strumenti. Questo è un espediente molto più efficace della repressione, che si limita a soffocarne gli effetti. Tutto ciò che evitiamo di affrontare è destinato presto o tardi a emergere con un’energia esplosiva. Possiamo vederne le conseguenze in chi ha vissuto uno stato di oppressione politica o di repressione sessuale e che a un certo punto esplode in forme di violenza e di aggressività.
Fare in modo che il piacere sensuale diventi un oggetto disponibile alla consapevolezza ci porta alla comprensione profonda di quanto siamo compulsivi rispetto ad esso. L’atteggiamento migliore da coltivare rispetto al desiderio, al sesso e alla sensualità e la libertà. In altre parole, essere liberi di soddisfare i propri bisogni senza sentirsi costretti a farlo: libera scelta.
A volte quando due persone intrecciano una relazione si fissano sull’aspetto sessuale del rapporto e trascurano il lavoro da compiere. Questo può diventare un comportamento coatto teso a non perdere un’esperienza piacevole. Anche nella pratica meditativa ci si può sforzare di raggiungere stati mentali piacevoli e quindi fare di tutto per conservarli o per ripeterli. La mente è sempre inquieta e la coazione è una manifestazione di inquietudine.
Non soltanto gli stati di beatitudine mentale fisica, ma anche gli stati di coscienza sconvolgenti possono diventare ostacoli. Ci si può attaccare all’esperienza di sentirsi sconvolti, interrompendo così il processo. Può succedere che liberando l’energia di pesanti blocchi fisici si sperimenti un’ondata di energia sessuale. In questo caso, invece di fissarci sulla sensazione, possiamo sposarci con noi stessi, accettando di trovarci nella fase crescente dell’energia e conquistando in essa una posizione di centralità, per andare avanti con la nostra pratica.
Energia sessuale e desiderio
È importante distinguere tra energia sessuale e desiderio sessuale o brama. Il desiderio nasce dalla mente: è un’attività mentale che non esprime necessariamente un bisogno biologico. Potrebbe essere semplicemente una ricerca di piacere e di distrazione. Attraverso la semplice osservazione di questo processo così come si presenta acquistiamo un atteggiamento di semplicità nei suoi confronti e da qui serenità mentale.
Non c’è ragione di opporsi all’energia sessuale o di sentirsi in colpa se si presenta mentre si pratica. È un’esperienza comprensibile a livello di realtà umana. In genere la gente non ha familiarità con questa energia. Spesso sperimenta la frustrazione sessuale che nasce da un’incapacità di provare sensazioni per via di un corpo troppo bloccato. Questo diventa un problema di rigidità. La rigidità opera sia a livello fisico che a livello mentale. Quando l’energia sessuale è bloccata, la personalità stessa si blocca. Allora la mente si irrigidisce in regole, atteggiamenti e modi di comunicare stereotipati. Fisicamente si diventa controllati e impacciati. Questo rappresenta un pericolo per il benessere dell’organismo fisico. Neanche gli stati meditativi elevati saranno di aiuto se non ci si apre un varco di questa rigidità.
In una situazione del genere si tende a tagliarsi fuori dal mondo e a confinarsi in una realtà sempre più angusta in cui ci si possa sentire al riparo da ogni minaccia. Allora siamo in conflitto perché da una parte abbiamo bisogno di estroversione e di rapporto con gli altri, ma dall’altra questo bisogno è ostacolato dal nostro piccolo io prigioniero di regole e di limitazioni, simile a una rana che vive in un piccolo stagno e non ha mai conosciuto l’oceano. Questo conflitto, che ha le sue radici nell’esigenza biologica di comunicazione di rapporto, ci incalza e ci trascina deviando il libero flusso dell’energia.
In questo stato, non conosciamo la libertà.
La rigidità si manifesta anche in atteggiamenti di ostinazione, di irritabilità e di insofferenza.
È indice di una mancanza di energia libera che ci porta a rispondere in modo strettamente reattivo. Quando l’energia può scorrere liberamente, unifica e addolcisce il rapporto con se stessi e con tutto ciò che è attorno. Può portare a uno stato di completa espansione dell’energia d’amore in cui non si interferisce con lo spazio degli altri e si vive in armonia con l’ambiente circostante. A volte la forza dell’energia liberata fa scuotere il corpo, specialmente se l’energia era stata bloccata a livello sessuale. In questo caso è importante restare aperti a questa espressione della zona pelvica senza opporre resistenza.
Anche opporre resistenza fa parte del desiderio sensuale, la brama di esperienze. Invece, possiamo osservare l’esperienza nel momento senza anticipare i bisogni futuri. In questo modo ogni aspetto dell’esperienza diventa oggetto della consapevolezza invece di essere un problema. Questo è il sentiero aperto del vedere applicando la comprensione.
Il secondo ostacolo è la malevolenza.
È una caratteristica profondamente radicata, chiamata anche il cane addormentato perché la si nota soltanto quando si risveglia e allora, come un cane, salta su e morde. È il tipo di caratteristiche che ha bisogno di una stimolazione per emergere. Quando gli stati di coscienza sono piacevoli, rimane nascosta, ma quando si risveglia si manifestano rabbia, sconforto e frustrazione. La malevolenza è la manifestazione più nascosta di quella caratteristica che si rivela nell’odio, è come la radice di un albero che spinga per emergere in superficie.
Quando si reprime la rabbia, si prova risentimento, una manifestazione di fuga. Il risentimento nasce dall’attaccamento a sentimenti che non ci sentiamo liberi di ammettere o di esprimere. In questo caso siamo bloccati da un’immagine o da un’idea di ciò che è corretto e dal desiderio di sembrare buoni. Questo porta di volta in volta ad irritabilità e scoppi di collera se si ha bisogno sempre più forte di evitare le situazioni che potrebbero risvegliare i sentimenti repressi.
Lo stereotipo della serenità è diventato un ostacolo che nasconde uno strato più profondo di intensa agitazione. Ciò include lo sforzo di raggiungere stati mentali di tranquillità con la ripetizione ritmica di formule o altre tecniche meditative.
Fuga e non accettazione della negatività sono la radice del secondo ostacolo.
Possiamo esaminare questo processo per comprendere come la malevolenza e gli stati negativi associati con questo ostacolo impediscono la crescita spirituale dando origine a repressione, perdita di energia e disperazione. Nella Vipassana, l’obiettivo è fare luce su questo processo osservando questo ostacolo a tutti i livelli in cui si manifesta e nel momento in cui nasce. Possiamo vedere come una sensazione o un’idea hanno avuto origine facendo luce su ogni dettaglio del loro sorgere. Penetrando una sensazione in questo modo la possiamo risolvere proprio nel suo nucleo. Questo è un processo di purificazione spontanea piuttosto che è un progetto nato dalle idee e dagli scopi dell’io.
Il terzo ostacolo: indolenza e torpore
Il terzo ostacolo comprende l’indolenza e il torpore, tema familiare a tutti noi. Il sonno fisiologico è un normale sintomo di affaticamento che può essere alleviato facilmente in confronto alla letargia e all’ ottusità della mente, i ceppi della sonnolenza mentale. Questa sensazione nasce quando ci si trova di fronte a una difficoltà e si vuole evitare di affrontarne fino in fondo l’esperienza rifugiandosi nella sonnolenza e nell’inerzia mentale. Allora la mente invece di continuare a praticare la tensione diventa svogliata, debole e pigra.
Questo stato può diventare molto simile a quello del sogno, pesante e ottuso, senza concentrazione e attenzione: lo stato di una mente errabonda. Concentrandosi su questa ottusità con attenzione prolungata, mentre restiamo seduti in mezzo a questo stato, l’energia aumenterà e l’ottusità sarà bruciata e risolta. Quanto più a lungo e profondamente lasciamo che l’azione del sedere attentamente penetri la nostra autorità, tanto maggiore sarà l’energia prodotta. Allora gli ostacoli saranno sradicati.
Questo però non è un buon motivo per fermarsi.
Se l’ottusità si risolve completamente o se invece oppone più resistenza, scoraggiarsi o allentare lo sforzo e semplicemente ulteriore indolenza. Non ci si può adagiare sui successi. Possiamo progredire solo andando avanti con perseveranza e pazienza. Se rimaniamo totalmente vigili e aperti all’energia, la sentiremo riversarsi nella nostra pratica e donarci forza e chiarezza. Quando c’è una piena tensione, si sviluppa al centro della consapevolezza una forte energia vibrante che unifica il campo della coscienza.
In quello stato nulla è importante sebbene ancora possiamo udire, vedere, gustare. Il corpo trova una posizione naturale di benessere e siamo liberi da agitazione e inquietudine. A questo punto c’è la pace. Tutto questo accade indipendentemente dalla nostra intenzione o da una sollecitazione della volontà, grazie a un amorevole attenzione e alla semplicità. Per una volta siamo liberi dall’ottusità.
Il quarto ostacolo è la preoccupazione, l’ansia.
Questo ostacolo nasce da un’infelicità profondamente radicata nella mente. Esso può esprimersi in agitazione, frustrazione e paranoia che investono il mondo della psiche. Siamo inquieti, facilmente distratti, sempre in cerca di distrazioni. Passiamo senza tregua da una cosa all’altra, da un oggetto all’altro inutilmente. Chi è dominato da questo ostacolo è come polvere dispersa al vento. Il suo movimento dipende dalla forza del vento.
Perdiamo la concentrazione e la centralità e dobbiamo cedere al divagare della mente. Invece di intestardirci a voler cambiare stato mentale, possiamo permettere a quello che abbiamo di rimanere. Aspettiamo e stiamo a vedere quanto durerà la tempesta, osservando l’Io che la subisce. Ci limitiamo ad aspettare, consapevoli. A un certo punto saremo presi dalla smania di fare qualcosa, di cambiare la situazione. Questa è una forma sottile dello stesso ostacolo che insiste per disperazione nella sua attività irrequieta.
Il nostro compito è quello di continuare a guardare fino a chi è la tempesta non si calmi spontaneamente: questo cambiamento porta con sé energia nuova. Contrapporsi a questo processo naturale, invece, porterà a un grande spreco di energia e ad altre ondate di inquietudine e di ansia. In questa situazione il miglior atteggiamento è la non azione. Non alimenterà il fuoco dell’energia dispersa. In questo caso la non azione diventa l’arma più potente. L’approccio della Vipassana è quello di lasciare che le cose si calmino attraverso la consapevolezza, invece di rifiutare la situazione o di sforzarsi di cambiarla.
Il quinto ostacolo è il dubbio
L’ultimo ostacolo, il dubbio, è legato sia all’ansia e all’inquietudine che all’indolenza e al torpore. L’indecisione è una caratteristica del dubbio. Non sappiamo decidere se esiste o no qualcosa di simile all’illuminazione. O, seppure ci fosse, dubitiamo di riuscire a raggiungerla.
Diventiamo prigionieri dell’incertezza e non siamo sicuri se continuare nella pratica che abbiamo cominciato. Allo stesso tempo però, ci sentiamo spinti verso una meta e siamo ansiosi di andare avanti. Così non riusciamo né a lasciare la situazione così com’è, né ad andare avanti. Siamo in conflitto. Questo è il dubbio. Non possiamo liberarcene e non possiamo conviverci.
In questa situazione, come per tutti gli altri ostacoli, non c’è niente da fare. Agire serve solo a complicare le cose. Dobbiamo rimanere in uno spazio silenzioso e attento ascoltando il rumore del dubbio e dell’incertezza, il dialogo interno. Prendere in esame tutte le possibilità cercando di arrivare a una conclusione non serve a niente dal momento che nasce dalla confusione e non dalla quiete.
Sforzarsi di sciogliere il dubbio non farà altro che accrescerlo.
Invece, possiamo guardare il gioco del dubbio con interesse e distacco finché non emerge una sensazione veritiera. Quella sensazione porterà con sé una chiarezza che guiderà la nostra azione futura. Può essere un istante brevissimo. Ma l’impulso scaturirà da una sorgente di vigilanza e produrrà l’azione autentica, sicurezza in movimento. Non è costante, e di nuovo lascerà spazio al dubbio. Invece di contrapporci a questa sequenza, possiamo farci da parte e abbandonarci alla realtà del mutamento, godendo dei momenti in cui vediamo chiaramente, e tutte le manifestazioni del dubbio scompaiono come illusioni.
Fare dei cinque ostacoli gli oggetti della nostra consapevolezza
Non bisogna prendere gli ostacoli come giustificazioni per interrompere la pratica o per evitarla. Invece, come ho detto prima, possono diventare oggetti della nostra consapevolezza, in quanto sono una sfida per la nostra pratica e oggetti su cui rafforzare la nostra attenzione. Possono aiutarci ad ottenere la saggezza e a scoprire le nostre forze, le nostre capacità interiori. Comunque sia, non abbiamo nient’altro con cui lavorare. Dobbiamo lavorare creativamente con gli ostacoli, accettando la loro compagnia senza colpevolizzarli. Altrimenti perderemo l’energia e le attitudini positive che ci aiutano a progredire sul sentiero.
Tutto ciò che ha un inizio ha una fine, come il vento e la tempesta. La fine sta nella nostra capacità di comprendere ogni situazione così com’è, piuttosto che nella situazione stessa. Le cose nasceranno sempre, dal momento che questa è la natura della realtà fenomenica. Di fronte a questo fatto possiamo assumere un atteggiamento di conservazione: conservazione di energia. Quando ci troviamo in una certa situazione, facciamo della nostra capacità di comprendere la base per un rapporto utile con quella situazione. Allora siamo nel regno della libertà! Accettiamo tutto senza alcun conflitto e accogliamo qualunque cosa ci si presenti fiduciosi nel nostro atteggiamento consapevole. Allora la saggezza pervade la nostra realtà particolare, qualunque essa sia, trasformandola in una realtà di libertà.
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Calendario eventi, ritiri ed esperienze di consapevolezza
Ecco una serie di percorsi che possono aiutarti a coltivare questa parte fondamentale della tua natura. Esplora quelle che ti sembrano più adatte a TE:
- Mindfulness, Meditazione e il Movimento: impara a stare in TE
- Your 14 days habit: Impara a coltivare una pratica meditativa in 14 giorni.
- Your Day Starter: Crea un’abitudine
- Your inspiration board: Permetti all’intuizione di scegliere la pratica adatta a TE
*Nota del redattore: le informazioni contenute in questo articolo sono destinate esclusivamente all’uso didattico e non sostituiscono la consulenza, la diagnosi o il trattamento di un medico professionista. Rivolgetevi sempre al vostro medico o ad altri operatori sanitari qualificati per qualsiasi domanda relativa a una condizione medica e prima di intraprendere qualsiasi dieta, integratore, programma di fitness o altri programmi di salute.